Primo Piano
Firma dell’Accordo fra istituzioni e associazioni nell’ambito del sistema metropolitano a sostegno delle donne vittime di violenza

Nel quadro delle funzioni attribuite dalla legge n. 56/2014 in tema di “promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale e quella di “promozione delle pari opportunita”, il Consiglio metropolitano ha approvato la convenzione quadro per la collaborazione istituzionale fra Città metropolitana, Unioni e singoli Comuni dell’area Bolognese che prevede la possibilità di attivare forme di collaborazione strutturata in ambiti di interesse sovra comunale anche attraverso il coinvolgimento dei privati, razionalizzando l’uso delle risorse pubbliche.
L’Accordo prevede, in collaborazione con le associazioni attive sul territorio metropolitano, la realizzazione di azioni di consulenza, ascolto e sostegno per donne che hanno subito violenza,
di attività di ospitalità in pronta accoglienza e in casa rifugio.
La sottoscrizione formale tra Enti ed Associazioni dell’Accordo è avvenuta mercoledì 16 dicembre alle ore 12.30 nella sede della Città metropolitana di Bologna.
Per le associazioni hanno firmato Maria Rosa Franzoni, presidente di PerLeDonne; Susanna Zaccaria, presidente della Casa delle Donne per non subire violenza; Loretta Michelini, presidente di Mondo Donna; Luisa Vigetti, presidente di Sos Donna; Katia Graziosi, presidente di Udi; Tiziana Dal Pra, presidente di Trama di Terre.
Per gli enti locali: Virginio Merola, sindaco Città metropolitana-Comune Bologna; Daniele Manca, sindaco Comune Imola-presidente Nuovo Circondario Imolese; Massimo Bosso, presidente Unione Comuni Valli del Reno, Lavino, Samoggia (Capofila distretto Casalecchio); Sergio Maccagnani, presidente Unione Reno Galliera (Capofila Distretto Pianura Est); Renato Mazzuca, presidente Unione Terre d’Acqua (Capofila Distretto Pianura Ovest); Romano Franchi, presidente Unione Comuni Appennino (Capofila Porretta); Isabella Conti, sindaco Comune San Lazzaro (Presidente distretto San Lazzaro).
Giornata internazionale contro la violenza sulle donne

L’associazione PerLeDonne, in occasione del 25 novembre ha organizzato diversi flash mob teatrali nella città di Imola. Ecco le foto.
Domani #25novembre per dire NO alla violenza di #genere, PerLeDonne promuove incursioni “diffuse” per riflettere sulla…
Posted by Associazione PerleDonne on Martedì 24 novembre 2015
Lettera aperta in occasione del 25 novembre

Violenza, il silenzio è rotto ma la strada è ancora lunga
Nei decenni di lavoro ed esperienza fatti per contrastare la violenza degli uomini sulle donne, realtà femminili nazionali e internazionali hanno costruito le basi su cui oggi poggiano prassi e idee, metodi e teorie, per la presa in carico più rigorosa e accogliente possibile delle donne che hanno vissuto esperienze di violenza.
Negli anni moltissime nuove realtà femminili sono sorte ma la metodologia della presa in carico rimane centrale e richiede la massima competenza nell’affiancare le donne nei loro percorsi di “liberazione” e uscita dalla violenza. Sempre più spesso entrano nel dibattito argomenti e punti di interesse aderenti ai cambiamenti che nel frattempo sono avvenuti sul piano socio-culturale. Oggi del problema se ne parla molto di più e l’asse si è spostato da un approccio di cura delle “vittime” a un’esigenza diffusa di formazione, informazione, sensibilizzazione, prevenzione.
Il Centro Antiviolenza dell’Associazione PerLeDonne, che ha appena compiuto i tre anni dalla sua costituzione, vuole condividere con i lettori e le lettrici la soddisfazione per essere stato compreso, per la prima volta, nella distribuzione delle risorse economiche ministeriali previste: 1.900 euro circa per l’anno 2013/2014. Nonostante la soddisfazione di vedere finalmente riconosciuto il nostro Centro come soggetto attivo e facente parte della rete per il contrasto alla violenza, consideriamo tale cifra una briciola che di certo non copre i costi economici per la gestione della struttura. Il grosso dei fondi ministeriali è stato destinato ai Centri Antiviolenza storici del territorio che gestiscono case di accoglienza dell’emergenza o case rifugio. Ma se si guardano le statistiche che la stessa Regione ha raccolto sul bisogno abitativo delle donne che subiscono violenza, il modo in cui quei fondi sono stati distribuiti ci appare contraddittorio. Dai numeri pubblicati dalla Regione emerge, infatti, che solo il 3,5% circa dei casi presenta emergenza abitativa, ne consegue che il restante 96,5% necessita di altra tipologia di intervento, non residenziale ma di percorso. Non sarebbe allora più corretto distribuire più equamente quelle poche risorse che ci sono, in modo da garantire maggiormente quel 96,5% di donne? Il contrasto alla violenza si fonda su processi maieutici, pedagogici, formativi e performanti; si tratta di interventi lunghi, fatti di ascolto, affiancamento senza giudizio, fiducia, alleanza tra donne; punta sul rafforzamento di quegli aspetti di autostima e percezione di sé che sono stati minati, aiuta le donne a smettere di considerarsi sbagliate o colpevoli, a superare la loro vergogna e la loro paura di non essere credute; a recuperare la loro forza e consapevolezza.
Il gruppo di lavoro del nostro Centro Antiviolenza offre queste opportunità alla cospicua casistica di donne che la violenza la vivono ogni giorno ma vogliono cambiare prima ancora di giungere alla necessità di un rifugio. Quindici donne volontarie, competenti e formate, dedicano il loro tempo all’accoglienza di queste donne. Il lavoro volontario costituisce, per noi e per l’intera comunità, un plusvalore. Le donne accolte che hanno bisogno di ospitalità vengono accompagnate o inviate presso i Servizi a ciò preposti. Le altre, la maggioranza delle donne che chiede aiuto, ricevono accoglienza tramite un lavoro quotidiano e costante, silenzioso e invisibile perché non impatta situazioni eclatanti; è forse per questo che il nostro lavoro viene così scarsamente riconosciuto? Poiché si tratta di interventi invisibili che si rivolgono a bisogni invisibili, silenti e con scarsa risonanza mediatica? Sembrerebbe quasi che chi ripartisce i fondi veda solo la violenza che lascia segni, dando minor peso a quelle dinamiche – le più diffuse – di dipendenza da partner violenti che esercitano il potere di soggiogare le forze di autodeterminazione delle loro compagne di vita. Eppure tutti parlano di un cambiamento di rotta culturale, sul quale però non ci si interroga ancora con le giuste domande. Forse per ottenere risorse adeguate occorre ancora fare molto rumore?
Carmen La Rocca, responsabile Centro Antiviolenza dell’Associazione PerLeDonne
IO AVRO’ CURA DI…ME, DONNA

Venerdì 27 novembre alle 20.30 presso il Museo Mengoni a Fontanelice. L’incontro rappresenta l’occasione per sensibilizzare sul tema della violenza domestica, ma anche per trasmettere una serie di informazioni e comportamenti utili a prevenire, segnalare e bloccare le manifestazioni aggressive nei confronti delle donne. Riconoscere le situazioni a rischio, conoscere gli atteggiamenti utili a dissuadere i potenziali aggressori aiuta ad attivare comportamenti mentali e fisici efficaci per difendersi dalle paure e dagli imprevisti pericolosi della vita, da quelle “situazioni trappola” in cui si può imparare a non cadere.
Non si tratta infatti solo di informare, ma anche di aprire lo sguardo e la mente di tutti (ed anche delle donne) su una delle più detestabili e subdole negazioni della dignità umana.
L’intento è quello di far nascere un rifiuto partecipato, una presa di posizione e una disponibilità ad agire contro un modello negativo anche nel proprio quotidiano, presente e futuro. Più si dà voce ai diritti e visibilità alla violenza, più le si toglie quella rete di protezione che il silenzio le assicura.
L’incontro vuole, quindi, essere un aiuto per acquisire forza per reagire con convinzione, vuole dare degli strumenti utili a rialzarsi senza grandi ferite. Vuole essere questo un momento in cui la cittadinanza è invitata a conoscere e approfondire un tema estremamente grave, che richiede la presa di coscienza e l’impegno diretto di tutti. E’ fondamentale dire STOP alla violenza contro le donne. Al termine seguirà dibattito con il pubblico presente in sala.
Interveranno
Avv. Clarice Carassi, Avvocato
Cap. Claudio Gallù, Mar. Ca. Alessio Chiavacci e Mar. Ca. Guglielmo Saponaro – Arma dei Carabinieri
Dott.ssa Dragana Momcilov, psicologa AUSL Imola – Neuropsichiatria infantile
Prof.ssa Gigliola Poli – Presidente ASP
IL VALORE DELLA PARITÀ

Sul Nuovo Diario Messaggero del 5 settembre 2015 leggiamo l’incipit di un articolo: “Non ho figli ma sono preoccupata per i miei nipoti…”. Il motivo che suscita la preoccupazione di questa donna sono i contenuti del comma 16 del decreto legge 107/2015, conosciuto come La buona scuola che, introducendo nei Piani dell’Offerta Formativa (POF) i principi di pari opportunità, vuole “promuovere nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità fra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori, sulle tematiche dall’articolo 5, comma 2, del decreto legge 14 agosto 2014, n. 93, convertito con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119”.
Ciò che anima le preoccupazioni, non solo della signora imolese in questione, ma anche di molte altre persone in tutto il territorio nazionale, riguarda la possibilità che, per via dei contenuti del comma 16, la scuola possa divenire per i giovani, sin dalla più tenera età, veicolo di avviamento a comportamenti sessuali non storicamente né culturalmente riconosciuti e, anzi, devianti e dissacranti il naturale corso della vita biologica, mettendo a repentaglio l’integrità psicofisica dei discenti, nostri futuri uomini e donne.
Le polemiche fatte sulla bontà della nuova legge 107, se pur legittime, non sono qui il centro del nostro interesse. Come Associazione di donne e di Professioniste che da alcuni anni si occupano di diritti e politiche di genere, di violenza contro le donne e i minori, di parità e discriminazioni nelle sue varie forme, ci sembra necessario e urgente sottolineare che alcuni principi stanno trovando una diffusione erronea, basata sull’ignoranza dei contenuti o, nella peggiore delle ipotesi, sul tentativo di strumentalizzare una pessima interpretazione della Gender Theorie, a favore di un tentativo conservatore e reazionario ancora ampiamente diffuso nella nostra società: non crediamo sia corretto attribuire esclusivamente al bigottismo il tentativo di ingenerare paure e preoccupazioni, ma riteniamo si tratti di un movimento trasversale a tutta la società! L’utilizzo degli spauracchi gender, questi “mostri caricaturali” creati ad hoc, ci appare più come il tentativo di fermare il percorso che con anni di fatica è stato intrapreso per combattere ogni sopruso culturalmente accettato sulle questioni dei ruoli, della dignità, dei diritti delle donne. Il nodo centrale della questione si situa nella volontà di diffondere un significato distorto del concetto di parità tra i sessi, confondendolo con i contenuti delle teorie gender, strumentalizzando tale confusione per il mantenimento di quelle logiche di potere storicamente appartenenti al genere maschile.
Le teorie gender distinguono (tra le altre cose) l’appartenenza sessuale degli individui (che ha natura biologica) dall’appartenenza di genere (che ha origini culturali), mettendo in discussione il riduzionismo culturale che attribuisce, in maniera stereotipica, i comportamenti leciti al genere femminile e a quello maschile. Il principio di parità fra i sessi, per contro, riguarda uno dei nodi centrali delle battaglie che le donne combattono in tutto il mondo; un principio da diffondere e incoraggiare per prevenire tutte le forme di abuso che investono le donne, ancora ampiamente considerate come minoranza culturale. Si guardi anche solo la disparità esistente tra le opportunità e gli stipendi di uomini e donne; un diritto ancora da acquisire e da confermare, viste le polemiche in atto che non sembrano tener conto della diffusione delle violenze del genere maschile su quello femminile.
Come Associazione che lavora a contatto con le donne, vittime di questa ignoranza culturale, riteniamo che l’inserimento nel Piano dell’Offerta Formativa dei principi di parità e lotta alle discriminazioni sia da considerare uno sforzo – sia pure legato all’obbligo di rispondere a leggi europee quali il protocollo di Istanbul – in direzione di un’evoluzione culturale e sociale, un’occasione che si presenta per la prima volta in maniera prescrittiva sotto forma di legge, un treno che passa e che non dobbiamo/possiamo perdere.
Andare contro la possibilità di progredire culturalmente significa impedire alle nuove generazioni il diritto di sperimentare nuovi modelli sociali; conservare l’attuale come unico sistema possibile frena anche il sogno o l’ideale di un modo diverso di vivere che abbia respiro in quell’aria di libertà che la pari dignità e le pari opportunità per tutti potrebbero garantire.
Carmen La Rocca
Responsabile Centro Antiviolenza
dell’Associazione PerLeDonne